Ibrahimović. La sua rivincita tra calcio e filosofia
Qual è lo spirito giusto per vincere? Quali sono le condizioni migliori per diventare un grande calciatore?
In primo luogo il talento. Il secondo ingrediente fondamentale è la giusta motivazione nel perseguire un obiettivo. Altri aspetti, indubbiamente fondamentali, sono il carattere e le giuste opportunità.
Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto può risultare banale dire che le storie e le vicissitudini delle grandi stelle del calcio sono differenti: ognuna di queste prende forma avendo come sfondo una precisa condizione.
Storie diverse, dunque. Storie che racchiudono, entro i propri confini, un’altra storia.
Ognuna delle quali conserva esperienze di vita, sentimenti e specifiche occasioni.
Ognuna delle quali meriterebbe il proprio spazio.
Ognuna delle quali segue una propria filosofia.
Quali sono state le opportunità di Zlatan Ibrahimović? Ciò che lo ha circondato da bambino è stato per lui un ostacolo o la molla necessaria, in quelle specifiche condizioni, per emergere?
Zlatan comincia a giocare a calcio nella sua Rosengård. È quello il suo inizio.
È lì che inizia a formarsi il suo carattere: la sua natura prende forma. Un’indole, la sua, amata e odiata.
Una tempra che niente e nessuno sembra scalfire. Nel suo libro Io, IBRA i ricordi di una famiglia divisa si intrecciano con il suo rapporto d’amore con il calcio. E come ben si sa, ogni rapporto di vero amore implica anche il sentimento opposto. Zlatan, nel suo libro, ripercorre tutta la sua carriera, le difficoltà, le panchine vissute con tanta rabbia. La rabbia di non poter entrare in campo; la rabbia di non poter dimostrare il suo valore e ciò che aveva imparato: una tecnica traboccante di emozioni. Una forma di “arte”. La sua arte personale.
Schopenhauer in Il mondo come volontà e rappresentazione (libro IV) dice che
L’arte, che noi identificheremo con il calcio, per Zlatan è una forma di conoscenza attraverso cui liberarsi dalla volontà, dai “pugni” presi da bambino. Il pallone, probabilmente, ha rappresentato per lui la prima forma di contemplazione. Contemplazione attraverso la quale Ibra non si è limitato a considerare le cose nella loro individualità, ossia per come apparivano nel mondo empirico, ma è andato oltre.
Ha considerato il calcio come la manifestazione di un’idea precisa. Ciò gli ha assicurato una certa pace.
La rabbiosa pace che gli ha dato la forza di raggiungere il suo obiettivo: diventare un buon calciatore e una persona che, grazie al suo trascorso, è capace di apprezzare davvero la vita, nella sua forma spirituale e non solo materiale. Le Ferrari e le Porsche sono solo la diretta conseguenza del successo; esse non pregiudicano, di certo, la morale di Zlatan.
La morale di una rivincita sulla vita, la sua rivincita.