Dasein: un progetto gettato nel mondo contemporaneo

28.12.2012 12:16

 

Storicità e finitezza dell’uomo: sono i due presupposti fondamentali sui quali Heidegger decide di reimpostare il problema dell’essere. “Che cos’è l’essere?”. Questa è La domanda attraverso cui, oggigiorno, possiamo affrontare e risolvere importanti quesiti riguardanti la società.

Il Dasein viene considerato dal filosofo tedesco come l’esistenza dell’ente e luogo nel quale l’essere si rivela. Le caratteristiche basilari dell’ente sono la sua apertura alla comprensione dell’essere e l’apertura strumentale al mondo; mondo inteso come rete di relazioni che permette l’utilizzabilità delle cose.

L’essere-nel-mondo ha a che fare con la totalità dei significati del mondo cui partecipa. Cosicché oltre alla tonalità affettiva, considerata come la prima prensione del mondo da cui dipende la comprensione, vi sono altre determinazioni ontologiche dell’Esserci. Quest’ultime concernono i modi d’essere dell’esistenza, ossia l’utilizzabilità legata alla progettualità, alla possibilità e alla gettatezza dell’ente nel mondo. Il Dasein, l’Esserci, viene, dunque, considerato da Heidegger come un progetto, gettato nel mondo, che non può prescindere dalla situazione sociale, culturale, politica, storica in cui si trova e a cui appartiene.

Utilizzabilità, progettualità e gettatezza concorrono a determinare un’ulteriore caratteristica sostanziale dell’Esserci: la cura, termine prezioso che racchiude al suo interno altri tre elementi da cui risulta impossibile discostarsi: familiarità, vivere nel presente, proiezione nel futuro.

Partiamo col cercar di capire cosa s’intende con tonalità affettiva e cura. Esse sono le basi dell’ente, i pilastri su cui si poggia la vita stessa e a partire dai quali si deve costruire il proprio futuro. Questa proiezione nel futuro è totalmente immersa nel presente socio-economico in cui ci troviamo. La famiglia, oltre a rappresentare il nucleo intorno al quale l’intero corpo sociale ruota, è l’elemento grazie al quale il corpo sociale stesso esiste. Banalmente, se le famiglie sono colpite da disagi (non esclusivamente di natura economica) anche la società ne soffre, è un circolo vizioso da cui risulta difficile uscirne.

Ho parlato di utilizzabilità, progettualità e possibilità. Come ben si può notare, questi tre elementi si riferiscono all’azione, concepita nel modo più pragmatico possibile. L’agire è uno degli elementi caratteristici dell’uomo. Azione e progetto dunque. Anche, e soprattutto, lavorativamente intesi. Penso che sia necessario concepire la società come una costellazione formata da una miriade di elementi, necessari gli uni agl’altri, in cui ciascuno “lavora” per garantire il benessere di tutti. Ed è qui che entra in gioco il termine heideggeriano <<possibilità>>. Qual è l’effettiva e reale possibilità che abbiamo di far progredire la società in cui viviamo? Sarebbe l’investimento. Investire sui singoli, sulla ricerca, sull’istruzione, sulla sanità. Ma non è possibile ora… eh già c’è la crisi. Il problema è che in Italia questi non sono mai stati obiettivi da dover raggiungere davvero. L’italiano è poco lungimirante. Ancora una volta si tende a generalizzare. Ma è davvero difficile fare altrimenti perché chi, lungimirante lo è, non ha possibilità di agire, di promuovere idee nuove. E chi ha paura di rischiare, non potrà mai progredire davvero. Il tempo dei conservatori è finito.

Tutta la sfera riguardante la progettualità vera, proficua e significativa perde, oggi, ogni valore. E poi ci sentiamo dire frasi di circostanza del tipo “Puntiamo sui giovani”. Niente di più ipocrita se detto da chi è, da trent’anni o più, incollato su di una “morbidissima poltrona” parlamentare. La verità è che la crisi economica ma soprattutto sociale non interessa davvero a chi va a fare teatrini in TV, quelli appartengono ad una particolare categoria di persone contraddistinte da soldi e potere a cui interessa solo fare il proprio spettacolare gioco. È il popolo che deve essere promotore di cambiamenti. Finiamola di guardare solo ai frutti del nostro orticello, perché questo senza tutti gli altri orticelli vale meno di niente. È un po’ come chi di fronte alla paura generata dall’avvento del 21/12/2012 ha pensato bene che l’unica cosa utile da fare fosse rifugiarsi in vari eden terrestri che miracolosamente sarebbero rimasti intatti dopo la fine del mondo e che avrebbero prosperato come oasi… collocate nel nulla.

Forse prima di cercare risposte e soluzioni, bisognerebbe partire da quella che Heidegger considera prerogativa essenziale dell’essere umano: la tonalità affettiva, da cui dipende la comprensione di qualunque cosa. Tale tonalità affettiva potrà mai essere insegnata nelle scuole a chi non la possiede naturalmente? Il suo significato di fondo è stato mai chiarito in Parlamento? Qualcuno ha mai riflettuto sul fatto che da essa dipende la sicurezza di una popolazione intera?